Scrissi “Cure and Care Coaching” nel 2015 come “Manifesto” per affermare in maniera scientifica che la comunicazione è un vero strumento di terapia per il professionista sanitario.

Ho pensato che potesse farti piacere leggere qualche riga di questo testo che ha venduto oltre 800 copie tra i fisioterapisti italiani e che successivamente è stato tradotto in spagnolo e realizzato un e-book per i colleghi spagnoli e sudamericani.

Buona lettura

Introduzione

I concetti contenuti in questo libro possono aiutare i tuoi pazienti a guarire meglio e possono aiutarti, in qualità di professionista che opera in ambito sanitario, a ottenere un miglior successo professionale.

È ormai un concetto diffuso che la comunicazione sia uno strumento importante per chi opera in ambito sanitario, ma si sta facendo ancora poco per diffondere quest’idea, forse perché finora le diverse teorie non erano suffragate da sufficienti evidenze scientifiche. Non perché non ce ne fossero, ma perché non erano state raccolte in modo siste- matico, così da renderle qualcosa di più di una semplice teoria.

Questo è lo scopo con cui nasce questo libro, che ha l’ambizione di elevare la comunicazione al livello di asse portante della medicina. Se questa mia visione avrà un seguito, i nostri pazienti godranno di un trattamento migliore, noi saremo dei professionisti di maggior successo e, magari, i nostri figli si potranno iscrivere alle facoltà di: Medicina-Chirurgia e Comunicazione, Odontoiatria e Comunicazione, Fisioterapia e Comunicazione, Logopedia e Comunicazione, Scienze infermieristiche e Comunicazione e così via.

Come avrai capito, quella di cui sto parlando è una rivolu- zione e tu, leggendo queste pagine, ne stai già facendo parte.

Sei pronto a cambiare il mondo? Partiamo.

Capitolo 1 -La rivoluzione

“Tutte le verità passano attraverso tre fasi. Prima vengono ridicolizzate, poi velocemente criticate e infine accettate come evidenze”.

Arthur Schopenhauer

Cambiare o migliorare?

Il cambiamento è normale. Il miglioramento no.
Puoi riscontrare ogni giorno che tutti cambiamo e invecchiamo. Ma miglioriamo? Non sempre, visto che il miglioramento è un processo attivo, che richiede investimento di tempo e risorse.
In ambito sanitario il miglioramento dovrebbe essere garantito dalla formazione continua e dai crediti ECM imposti dal Ministero delle Salute, anche se la maggior parte dei contenuti divulgati è nella direzione delle tecniche, delle metodologie, delle evoluzioni delle scoperte chimico-biologiche-farmacologiche e, molto spesso, non prende in sufficiente considerazione
il valore terapeutico della comunicazione.
In passato, infatti, l’enfasi sulla comunicazione nel rapporto tra professionista sanitario e paziente è stata posta sul fatto che una comunicazione virtuosa da un lato aiuta a diminuire il rischio di denunce per malpractice, dall’altro aumenta l’aderenza del paziente al trattamento e la soddisfazione del paziente stesso(1).
In questo senso, anche un recente articolo della
Harvard Business Review (2) ci fa riflettere sull’importanza delle capacità di comunicazione e negoziazione dei professionisti sanitari.

Il professor Deepak Malhotra racconta nell’articolo questa storia:

Un uomo di 54 anni si presenta al Pronto Soccorso con un tremendo dolore al petto e all’elettrocardiogramma mostra una elevazione del tratto ST per infarto miocardico. Il paziente necessita di una cateterizzazione cardiaca con un probabile posizionamento di uno stent, ma il paziente insiste per andare via e lasciare il Pronto Soccorso. Il medico è incapace di convincerlo, sebbene il paziente confermi di aver capito i rischi e le conseguenze della sua decisione. Lascia l’ospedale, e poche ore dopo ritorna con l’ambulanza in arresto cardiaco.

Nell’articolo il professore della celebre università americana si chiede: “Questa storia sarebbe potuta finire in maniera differente?”.

Probabilmente sì, se il medico avesse avuto una formazione specifica in strategie comunicative, negoziali e motivazionali, sempre nel rispetto dei valori del paziente.
Questi esempi ci fanno capire che la comunicazione ha un ruolo centrale sul fondamentale concetto di alleanza terapeutica, ma in questo libro vogliamo spingerci oltre.

Il concetto presentato in questo lavoro, e che – consapevole di poter sembrare eccessivo – ho chiamato “rivoluzione”, è che la comunicazione può essere un vero e proprio strumento di cura, che può aumentare il successo professionale, a vantaggio tuo, professionista sanitario, e dei tuoi pazienti.

Impariamo ad attivare il processo di autoguarigione

Esiste infatti un potere di autoguarigione, insito nella mente umana, che, in qualità di professionisti sanitari, dobbiamo imparare ad attivare. Non parlo degli approcci di medicina alternativa. Niente di esoterico, di fascinoso o di magheggiante. Anzi. Tra poco fornirò tutte le evidenze scientifiche a supporto del fatto che la comunicazione è l’altra rotaia, accanto a quella delle competenze tecniche, su cui far correre il treno della guarigione.

Del resto, gli approcci medico e farmacologico non sembrano sufficienti a spiegare la complessità delle patologie che presentano i nostri pazienti, così come confermato da uno studio pubblicato sul British Journal of General Practice nel 2004(3). Questo studio mette in luce il fatto che dal 25% al 50% dei sintomi che portano i pazienti dal medico di medicina generale non hanno cause organiche. Tra questi disturbi troviamo sindrome premestruale, dolore pelvi- co cronico, fibromialgia, dolore al torace non cardiaco o atipico, mal di testa da tensione. L’origine di questi sintomi, secondo gli autori dello studio, va ricercata nel disagio psicologico.

Bisogna interrogarsi, quindi, se non sia necessario aumentare il background di competenza nell’ambito relazionale di tutti i professionisti in ambito sanitario, visto che ogni giorno questo tipo di problemi vengono presi in carico dal medico di medicina generale, che visita in prima battuta questi pazienti; dal ginecologo, chiamato spesso in causa per problematiche come la sindrome premestruale e il dolore pelvico; dal reumatologo, che insieme con il fisiatra e il fisioterapista gestisce pazienti affetti da fibromialgia; dal cardiologo, che esclude che i pazienti con dolore toracico abbiano sintomi cardiaci; dal neurologo, che insieme con il fisioterapista tratta i pazienti cefalgici.

Non sto affermando che possiamo sostituire l’operato di psicologi e psicoterapeuti; piuttosto che tutti dobbiamo aumentare le nostre competenze comunicative, anche perché, molto spesso, la soluzione è proprio nella relazione che una comunicazione virtuosa riesce a determinare.

Il calore umano ha rilevanza scientifica

Questo è confermato anche da uno studio pubblicato su Arch Gen Psychiatry(4), che ha fornito una risposta alla domanda: “In psicoterapia sono più importanti i fattori specifici come la suggestione, la chiarificazione e l’interpretazione, piuttosto che fattori non specifici di qualsiasi relazione umana?”.

Nello studio, alcuni studenti affetti da depressione, ansia, introversione sociale secondo la scala del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI) sono stati divisi in 2 gruppi. Il primo gruppo è stato trattato da professionisti di discipline psicologiche con una formazione a indirizzo analitico ed esperienziale con una media di 23 anni d’esperienza.

Il secondo gruppo è rimasto in carico a docenti universitari di materie non mediche (inglese, storia, matematica e filosofia) che erano noti per le loro caratteristiche di calore, attendibilità e interesse nei confronti degli studenti.

La ricerca conferma che i pazienti che hanno ricevuto il trattamento hanno avuto risultati migliori di coloro che non sono stati trattati.
La grande rivelazione è stata che i pazienti trattati dai professori universitari non clinici hanno mostrato tuttavia

risultati che incoraggiano l’investimento sulla relazione e sul calore umano.
Ribadisco: ciò non significa che i professionisti che operano in campo sanitario debbano sostituirsi a psicologi e psicoterapeuti, ma che è necessario creare una relazione, e quindi una comunicazione, funzionale allo scopo di aiuta- re i pazienti a raggiungere lo stato di salute desiderato.

Gestione multidimensionale del paziente: i pilastri dell’empatia

Nello studio dal titolo Il modello bio-psico-sociale 25 anni dopo: principi, pratica, e indagine scientifica, pubblicato su Annals of Family Medicine(5), gli autori definiscono come il saper comprendere l’esperienza soggettiva del paziente sia un contributo essenziale alla diagnosi, ai risultati sanitari e alla cura. Per questo gli autori propongono un modello bio-psico-sociale a orientamento clinico pratico, che invita a comunicare le evidenze cliniche incoraggiando il dialogo e facendo attenzione a coltivare attivamente la fiducia tra paziente e professionista sanitario. Inoltre è importante che lo stile emozionale di quest’ultimo sia caratterizzato da una curiosità empatica.

La gestione multidimensionale del paziente proposta dal modello bio-psico-sociale può essere fatta in equipe, per quanto riguarda le patologie maggiori (cancro, ictus, SLA, traumi mielici, ecc.), o dal singolo professionista sanitario per quanto riguarda le patologie minori.

Ma ogni azione dei professionisti sanitari dovrebbe riflettere i principi del modello bio-psico-sociale, in quanto ogni nostro comportamento comunica sempre qualcosa al paziente, come vedrai nel capitolo sulla comunicazione.

Imperativo: formarsi sulla comunicazione

L’unica possibilità che abbiamo è quella di sensibilizzare le istituzioni alla formazione in queste tematiche fin dalle università, per avere una nuova classe di professioni- sti competenti in questo ambito. In questo modo, il professionista sanitario del terzo millennio affiancherà le proprie abilità tecniche con metodiche di comunicazione efficace che agiscono come chiave d’accesso a tutte le dimensioni della patologia, e quindi con un vero e proprio elemento di svolta nella lotta alla patologia stessa.

E i professionisti che già operano nel settore faranno bene a riqualificarsi anche con questo tipo di competenze, se desiderano fornire un trattamento etico al loro paziente. Essere etici oggi vuol dire agire secondo i principi dell’EBP ovvero la pratica basata sulle evidenze. In passato gli approcci alle decisioni cliniche seguivano approcci differenti: dogmatico (naturale è meglio), tradizionale (abbiamo sempre fatto così), convenzionale (fanno tutti così), e solo negli ultimi anni si è passati a un approccio decisionale basato sulle evidenze. Questo costituisce un approccio alla pratica clinica in cui le decisioni provengono dall’integrazione tra l’esperienza del professionista sanitario e l’utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dalle preferenze del paziente che sono determinate dalle sue aspettative, dalle sue credenze e dai suoi valori. Nei capitoli che seguono scopriremo come i valori del paziente, il significato che dà alla terapia, che è anche il prodotto dei suoi valori, determini l’attivazione di processi di guarigione che possono aggiungersi ai risultati prodotti dai farmaci o dalle azioni chirurgiche o più in generale da qualsiasi atto terapeutico.

“Il modo di pensare che ci ha portato dove siamo non ci porterà dove vogliamo arrivare. Per andare avanti e avere risultati migliori dobbiamo essere disposti a migliorare, a provare qualcosa di nuovo”.

Albert Einstein

Concetti chiave del capitolo 1

– Oltre la metà dei sintomi lamentati dai pazienti non è riconducibile a cause organiche.

– La comunicazione può essere uno strumento di cura perché attiva la risposta di autoguarigione, sti- molando numerosi meccanismi che possono cambiare il modo di concepire un’esperienza e inducendo la produzione di sostanze utili nel processo di guarigione.

– Ogni azione dei professionisti sanitari deve riflettere i principi del modello bio-psico-sociale, in quanto ogni nostro comportamento comunica qualcosa al paziente.

– Il significato dell’atto sanitario, mediato dal sistema di valori del paziente, può produrre un effetto terapeutico che si aggiunge a quello mediato dai farmaci o dagli atti chirurgici.

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