L'ARTE DI RIABILITARE

INTRODUZIONE

Questo articolo è un Case Report inviatomi dalla collega Elena Bordignon e presente nel libro FisioCoaching. Come tutti già sappiamo i case report sono il livello base della medicina basata sull’evidenza. Il mio scopo, nel contesto di questo specifico articolo, non è quello di divulgare scienza come già fatto con altri articoli, ma piuttosto quello di far comprendere al lettore come sia possibile integrare gli strumenti del FisioCoaching, in modo semplice e utile all’interno della seduta fisioterapica.

ANAMNESI

B.D, anni 45, educatrice in casa di riposo part time.

Anamnesi remota:

– blocco lombare la prima volta a circa 17 anni, da quel momento le capita una volta all’anno, in inverno.

– 2006: isterosalpingoscopia.

– 2012: miomectomia multipla.

– 2015: fibromatosi + spinalgectomia.2017: laparotomia con asportazione e biopsia che rileva fibroleiomiomi.

Esami strumentali:

– RMN (marzo 2018) rileva siringomielia (presente da qualche anno) e discopatie L4-S1, angioma L3.

– Radiografie: (2016) scoliosi Dorsale DX e Lombare Sn e spondilodiscoartrosi L4-S1 presenti dal

2008.

Trattamenti precedenti:

– Infiltrazione di Ossigeno-Ozono da circa 1 anno: riferisce essere l’unica cosa che le dà beneficio.

– FKT pre-operatoria

La paziente giunge alla mia osservazione su suggerimento di un ortopedico con diagnosi di lombalgia cronica in discopatia degenerativa L4-S1. No deficit motori o sensitivi AA.II., mobilità colonna limitata su tutti i piani, dolenzia alla pressione delle spinose in L4 L5.

Prescrizione:

-Rieducazione posturale vertebrale con rinforzo catene anteriori e posteriori, core stability e pavimento pelvico. Ripristino assetto sagittale.

-Trattamento punti trigger muscolari ed eventuale laser (su quadro di infiammazione).

VALUTAZIONE

Prima seduta 15/6/2018

La paziente riferisce che la sua limitazione nei movimenti non è tanto dovuta al dolore, quanto a una sensazione di debolezza generalizzata a tutto il corpo, in particolare a livello lombare (presente da circa10 anni) e aumentata da aprile 2018. Caratterialmente molto timida, educata e impaurita: noto che ha il terrore di muoversi e me lo riferisce anche lei espressamente, pregandomi di andare con cautela e di non forzare, sia manualmente sia con gli esercizi.

TRATTAMENTO

Già durante l’anamnesi ascolto attentamente il suo linguaggio, la sua comunicazione paraverbale e presto attenzione al suo non verbale.

Da subito rispecchio la lentezza nel modo di parlare e il tono basso della voce (cosa opposta al mio modo naturale di esprimermi).

Mi esprime apertamente fiducia e comprendo che il rispecchiamento è stato sufficiente a ottenere rapport.

L’obiettivo della seduta è iniziare a trattare la kinesiofobia. Sempre durante l’anamnesi, grazie al metamodello, mi rendo conto delle convinzioni e pongo domande per arricchire la relazione posta in essere dalle convinzioni e, piano piano, anche nelle sedute successive, vado ad arricchire queste relazioni, poiché la paziente utilizza spesso generalizzazioni non funzionali alla guarigione.

In prima seduta, avendo ottenuto in parte la sua fiducia e quindi un feedback positivo che mi suggerisce che sarei potuta andare in guida, ho iniziato a lavorare manualmente in modo blando sull’addome, dandole un senso di rilassamento: questo ha rappresentato per la paziente il raggiungimento di un obiettivo importante, poiché mi aveva detto che a causa di tutti gli interventi che aveva subito non aveva permesso a nessuno di trattarle la zona addominale e lei stessa non la toccava, né la guardava mai. Aveva un vero e proprio rifiuto per quella zona.

Semplicemente grazie al rapport, riesco persino a darle per casa un esercizio di automassaggio di tutta la parete addominale, che mi ha riferito aver svolto senza problemi.

Altro obiettivo importante della prima seduta è stato riuscire a farle fare dei semplici esercizi di mobilità del bacino in posizione supina: questa posizione non le creava timore e riusciva quindi a svolgere gli esercizi senza problemi.

Vedo la paziente una volta a settimana per il mese successivo, riducendo poi la frequenza per i successivi due mesi.

Nelle sedute successive alla prima riesco ad aumentare progressivamente la difficoltà degli esercizi, e scopro che il suo timore più grande è sollevare le gambe da terra (sia una alla volta sia entrambe contemporaneamente). Non ha paura di sentire dolore, poiché lei non arriva da me dicendo che ha dolore, ma ha paura che con il movimento si possano rompere le strutture interne all’addome. Decido pertanto di utilizzare l’ipnosi per gestire al meglio la paura: Induco la trance ipnotica mediante rilassamento progressivo e, successivamente, approfondisco la trance con tecniche di sovraccarico e confusione, mentre le faccio eseguire esercizio di allungamento, supina a terra e con le gambe che strisciano verso l’alto sul muro, con gli occhi chiusi. Finito l’esercizio la paziente si trova, con sua sorpresa, con entrambe le gambe sollevate e tese, in appoggio alla parete: è felicissima e, incredula, mi ringrazia infinitamente. Alla terza seduta, per aiutarla a rompere il circolo vizioso che si è creata rimanendo a casa, evitando le attività di movimentazione di carichi connesse al lavoro, decido di adottare una tecnica di Programmazione NeuroLinguistica denominata Time Line. Le chiedo di immaginare il suo futuro su di una linea e di vedere cosa farà il giorno in cui non avrà più paura di muoversi. Riesce a svolgere facilmente l’esercizio che assolve la funzione di creare, nella mente del paziente, l’esistenza di una soluzione al problema.

Dopo 3 mesi di sedute individuali, in cui la progressione degli esercizi è aumentata notevolmente, la convinco a proseguire il percorso in gruppo in quanto è notevolmente migliorata.

RIFLESSIONI

Mi complimento con la collega Elena per avermi inviato questo interessante Case report che mi consente di fare alcune riflessioni.

Il primo elemento che un fisioterapista deve realizzare all’interno della seduta riabilitativa è il realizzare rapport. Questo può essere definito come una sensazione di comprensione condivisa, di fiducia e cooperazione. Elena ha sapientemente lavorato su questo punto mediante le tecniche di rispecchiamento. Il rapport il tassello iniziale, senza di esso non ha senso andare avanti perché se non vi è fiducia il trattamento difficilmente darà esiti positivi. Il rapport è anche uno fattori fondamentali su cui si basa la leadership che il fisioterapista crea con i propri pazienti, ciò è confermato da autorevoli ricerche scientifiche.

Nel caso Elena si rende subito conto che il paziente presenta kinesiofobia. Questo comportamento è sostenuto da convinzioni quindi, per agire su di esso, è necessario andare ad arricchire le relazioni poste in essere dalle convinzioni limitanti del paziente. Fare domande è sicuramente una strategia efficace per arricchire queste relazioni, in particolare le domande del metamodello. Il metamodello è una modalità di fare domande specifiche per arricchire una relazione impoverita. Se un paziente dice: “Nessuno mi può aiutare”, sta presentando una relazione molto impoverita perché dalle sue esperienze ha sperimentato che fino a quel momento nessun professionista non è stato in grado di aiutarlo. Prendere per vera questa affermazione limita la possibilità di trovare nuove soluzioni.

Elena utilizza poi la trance ipnotica per bypassare la modalità critica del paziente che limita l’espressione del suo potenziale. Molto spesso la nostra mente conscia ci limita, ci dice cosa non possiamo raggiungere non perché sia vero ma perché frutto di una credenza che genera paura. A volte bypassare la modalità critica elimina l’ostacolo e ci consente di andare oltre come è successo con la paziente che ha accettato la suggestione di sollevare le gambe, cosa che nello stato di veglia non avrebbe fatto.

Per raggiungere la trance Elena utilizza la tecnica di rilassamento progressivo che ben si presta ad applicazioni in ambito riabilitativo. Interessante è che una volta che l’esercizio è terminato la paziente è incredula per il risultato raggiunto. Ciò costituisce quella che in letteratura viene definita:

, ovvero un’esperienza che costituisce una nuova possibilità e che arricchisce le convinzioni.

La time line è una tecnica che bypassa la modalità critica ovvero ha gli stessi effetti dell’ipnosi senza esserci una formale induzione di trance. Per questa ragione ben si presta ad essere utilizzata con tutti i pazienti. Nella domanda che Elena pone c’è una sottile presupposizione che in stato alterato di coscienza è estremamente utile: “Cosa farà quando non avrà più paura di muoversi?”. La presupposizione è che un giorno questa paura non ci sarà più. “Installare” questa convinzione è estremamente utile perché se il paziente crede che quel giorno non verrà mai, significa che ci troviamo davanti ad un paziente che crede di non poter guarire.

CONCLUSIONI

        “Quello che abbiamo visto è l’approccio ad un paziente complesso, un paziente cronico in cui gli strumenti del FisioCoaching sono integrati con arte con le tecniche convenzionali della fisioterapia per raggiungere ancora più risultati. Come avete visto ho scritto arte in grassetto perché ritengo che la medicina, e quindi la fisioterapia, sia:

“l’arte di utilizzare le scienze”, così come Elena ha fatto.

                                             AD MAIORA

                                              GIULIANO

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